UN’ECOLOGIA CRISTIANA PER UN’AGAPE COSMICA

ECO-CRIST 1Etica ambientale, eco-teologia, ecologia cristiana

Se si utilizza un motore di ricerca per trovare quanto è reperibile in Internet su queste tre voci si scopre che di materiale per documentarsi ce n’è tanto. Il problema è che in alcuni casi si tratta di articoli pubblicati su blog o riviste specializzate, in altri di dotti saggi di teologia morale o pastorale o di commenti a documenti del Magistero ed in altri ancora di risoluzioni adottate da altre chiese. Un materiale abbastanza eterogeneo, in mezzo al quale è possibile trovare ispirate e profonde riflessioni sulla salvaguardia del Creato ed il suo rapporto con un Vangelo di giustizia e di pace, ma anche banalità senza tempo o acide contestazioni d’un “ambientalismo cristiano” che starebbe traviando la dottrina cattolica con influssi provenienti da culture materialiste o perfino da visioni panteiste… Anche in questo caso, nella Rete globale – soprattutto se cerchiamo anche testi in lingue diverse dall’italiano – possiamo trovare praticamente di tutto, sebbene a ragionare su questi temi – in un senso o nell’altro – si riscontra un numero piuttosto ristretto di persone e di organizzazioni.

Quanto a me, ho trascorso una quarantina d’anni a battermi con entusiasmo e dedizione per ideali che credevo e continuo a credere insiti nel Cristianesimo – la pace, la giustizia sociale e la difesa della natura. In questi decenni, però, poche volte mi sono trovato a fianco altri cristiani come me. La maggioranza dei miei ‘compagni di strada’ sono stati dei laici eticamente e/o politicamente motivati, ma spesso con venature anticlericali che certo non mi facevano piacere. La mia lunga militanza nei movimenti nonviolenti, pacifisti, ambientalisti ed eco-sociali mi ha posto quindi di fronte alla constatazione che solo un’esigua minoranza di credenti – nel caso specifico, di cattolici – erano animati dalle mie stesse motivazioni e condividevano la mia volontà di testimoniare il Vangelo di Cristo sul terreno dell’impegno ecopacifista.

E’ dunque difficile per me riflettere sulle prospettive di un’ecologia cristiana a prescindere dall’esperienza di solitudine che mi ha accompagnato in questi lungi anni di attività antimilitarista ed ambientalista, durante i quali, peraltro, ho sempre rispettato la visione morale ed ideologica altrui, evitando ogni pretesa di catechizzare chi a tali battaglie era giunto per ben altra via.

E’ però evidente che non ho mai smesso di pensare che bisognava darsi da fare affinché alcune idee ispiratrici – come quella di nonviolenza attiva, educazione alla pace, sviluppo comunitario e di ecologia cristiana – cominciassero quanto meno a circolare di più e fossero adeguatamente discusse. Anche in questo caso, però, ho trovato interlocutori attenti e ricettivi ai miei modesti contributi (saggi, articoli, pezzi pubblicati sul blog [1]) soprattutto tra persone esterne al circuito cattolico, dentro il quale ho spesso avvertito invece una velata diffidenza verso un simile approccio.

Da un laico l’invito ad “amare e salvare il Creato” 

Ciò premesso, il fatto che il mio amico e maestro Antonio D’Acunto – da laico che pur si riconosce formato in un contesto culturale cattolico – abbia pubblicato sulla rivista online dell’Associazione ambientalista V.A.S. , di cui faccio parte da tempo, un editoriale intitolato “Papa Francesco e l’attesa di una nuova enciclica: Amare e salvare il Creato[2] non poteva che farmi piacere.   Si tratta infatti d’un ottimo contributo, ben documentato ed argomentato, col quale egli ha colto nell’impronta ‘francescana’ impressa dal nuovo Papa al suo magistero un’occasione eccezionale per sviluppare alcuni spunti già positivi emersi con i suoi predecessori – da Giovanni Paolo II allo stesso Benedetto XVI – in direzione del superamento dell’impostazione antropocentrica che da secoli caratterizza la dottrina morale e sociale della Chiesa Cattolica.

D’Acunto ha ricercato ispirazione tra le fonti bibliche e quelle del magistero ecclesiale ma, pur riscontrando alcune affermazioni decisamente innovative in tal senso, non è riuscito a cogliere sufficienti segnali di cambiamento, mentre non ha potuto fare a meno di registrare le ovvie reazioni negative di movimenti cattolici tradizionalisti e strane organizzazioni catto-ambientaliste.     Col suo articolo, l’amico Antonio vuole aprire un vasto e franco dibattito all’interno del mondo cattolico sul rapporto tra la pur proclamata “salvaguardia del Creato” e delle concrete indicazioni pastorali per una profonda trasformazione. E’ quindi promotore d’un accorato appello della Chiesa, affinché stimoli nei credenti un profondo cambiamento di rotta (i teologi parlerebbero di “metànoia”) non solo negli stili di vita quotidiani – cosa peraltro buona e giusta… –  ma anche per il superamento di quelle strutture e realtà che da troppo tempo vincolano lo sviluppo umano a modelli culturali, produttivi, energetici, economici e sociali che si sono rivelati, viceversa, fonte di disuguaglianza, sfruttamento e disastri ambientali. Il risultato di questa ricerca di D’Acunto è stato in parte positivo, ma ha posto in luce anche limiti e carenze. Volendo sintetizzare, si riscontrano nell’articolo cinque elementi di critica:

(1)   dalle pur apprezzabili considerazioni che si trovano nei documenti ufficiali della Chiesa, emerge che il valore della “Comunità Umana” è svincolato da quello della Natura e della Biodiversità, per cui esso resta tuttora condizionato da una visione antropocentrica.

(2)   Il pur positivo riferimento del Magistero papale al concetto di “bene comune” ed al “principio di solidarietà” rimane comunque posto esclusivamente in relazione alla “persona umana”, senza allargarsi ad abbracciare in questo spirito di ‘fraternità’ tutte le altre creature viventi, seguendo l’antico e spesso citato esempio del Santo d’Assisi.

(3)   Questo “profondo distacco” delle Chiese cristiane verso il mondo naturale continua dunque a condizionare il loro rapporto con l’ambiente e la biodiversità naturale, impedendo che l’apprezzamento del Creato e la francescana lode per tutte le creature si trasformino in un effettivo richiamo etico ad “amarle” in sé, e non solo in quanto utili all’Uomo.

(4)   In assenza d’un esplicito “comandamento dell’amore” verso la Natura e la diversità biologica, le Chiese non riescono a condannare moralmente chi le aggredisce, in nome d’un modello di sviluppo basato sullo ‘sfruttamento’ delle risorse.

(5)   La stessa introduzione nei documenti del Magistero cattolico del concetto di “sostenibilità ambientale” parte da una pur giusta critica del sistema economico, ma non giunge ad affermare “…l’incoerenza dello sviluppo in sé – per definizione illimitato – rispetto a risorse finite, che è il cardine della insostenibilità del modello antropocentro-liberal-capitalistico…”.

“Coltiviamo e custodiamo” il creato o lo sfruttiamo e trascuriamo?

«Quando parliamo di ambiente, il mio pensiero va alle prime pagine della Bibbia, al Libro della Genesi, dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e la custodissero (cfr 2,15). E mi sorgono le domande: Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando?….”  [3]

Sono state queste ispirate parole di Papa Francesco – pronunciate in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente dello scorso 5 giugno – che hanno alimentato nell’amico D’Acunto la speranza che adesso qualcosa cambi davvero e che l’autorevole appello del Pontefice possa facilitare questo cambiamento, arrestando la catastrofe in atto.

“Nessuno può con certezza dire che siamo già nella fase della irreversibilità, dell’impossibile ritorno all’indietro dall’apocalisse; e non è né utile né positivo stare dentro al catastrofismo finale; ma infiniti sono i segnali e gli allarmi di un Pianeta tragicamente violentato e globalmente in crisi nella sua stessa esistenza vitale come mai dalla comparsa dell’Uomo e sulla necessità e l’urgenza di una profonda, radicale inversione del Pensiero e del Sistema che hanno incidenza su di esso. Di portata infinita sarebbe la valenza ed immensa l’attesa di una nuova Enciclica “Amare e Salvare il Creato”, a tal fine promulgata da Papa Francesco, e sicuramente milioni e milioni di persone sarebbero disponibili a contribuire con Lui alla sua scrittura e all’attuazione dei suoi contenuti.”  [4]

Con la sua sconcertante semplicità – ma anche col suo tagliente acume – il Papa ha sottolineato in quell’occasione che benché molti nella Chiesa predicano nel senso giusto,“il sistema continua come prima”. Alimentato com’è dall’avidità consumista e da quella tragica “cultura dello scarto”, sembra aver contagiato tutti, Cristiani compresi, rendendoli di fatto insensibili alla violenza sia contro gli esseri umani sia contro l’ambiente naturale. Eppure, ha scandito Papa Francesco, “ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme”.  Questa netta ed apprezzabile affermazione, bisogna ammetterlo, non può però essere data per scontata. C’è infatti ancora molta strada da percorrere perché un’autentica ecologia cristiana si affermi sul serio e non resti confinata nelle illuminate pagine delle encicliche e dei documenti dell’episcopato più avanzato, in particolare tedesco, statunitense o australiano, senza raggiungere davvero la mente il cuore e le mani del popolo cristiano.

Qualche risposta ed indicazione per un’ecologia cristiana

Fatta questa premessa, vorrei ora cercare d’offrire qualche risposta ai cinque interrogativi critici sollevati da Antonio D’Acunto, naturalmente senza alcuna pretesa teologica ma col buon senso di chi crede che la Buona Notizia di Gesù è la bussola per orientare le scelte dei Cristiani.

  1. Penso che il valore della “comunità   umana” potrà difficilmente esser posto dalla dottrina cattolica  sullo stesso piano della c.s. “Natura”, pur rientrando entrambe all’interno del progetto di Dio creatore. Non si tratta solo di fronteggiare la scontata accusa di ridurre tutto a “materia” (il pensiero  cristiano rimane imbevuto di aristoteliche antinomie e di eredità neoplatoniche, fra cui quella che contrappone questa allo “spirito”), ma  anche di preservare la tradizionale “gerarchia” tra le stesse creature. I già evidenziati condizionamenti culturali derivanti dall’antropocentrismo giudaico, si sono stratificatisi nella mentalità dei Cristiani e sembrano difficilmente  rimuovibili senza sentirsi accusare di “panteismo”, di “deismo” e chissà quanti altri “ismi”. Per quanto mi riguarda, penso che limitarsi a contrapporre una visione “biocentrica” a quella “antropocentrica” riesca solo a radicalizzare il discorso, contrapponendo  di fatto l’interesse dell’ambiente a quello dell’umanità. Eviterei pertanto di fondare un dialogo su impostazioni estreme tipo “deep ecology” – tanto dirompenti  quanto oggettivamente estranee al Cristianesimo – per puntare su un approccio che ho chiamato   “teocentrico”: una saggia terza via tra un antropocentrismo miope ed un  rozzo biocentrismo.
  2. “Solidarietà” e “fraternità”, a mio avviso, sono concetti ascrivibili stricto sensu solo alla condizione umana, sebbene siano costantemente smentiti dall’irresponsabile egoismo e dalla permanente ostilità che troppo spesso caratterizzano le relazioni umane. I meccanismi di solidarietà di gruppo, riscontrabili peraltro anche nel mondo degli “altri animali”, non nascono da una libera      scelta né da una coscienza morale, ma da una istintualità che utilizza il  “mutualismo”, la “simbiosi” o il “commensalismo” come strumenti di tutela  di una o più specie animali. Ciò non significa che il solo essere umano sia capace di comportamenti  solidali verso i propri simili, ma sembra escludere che il concetto di “fraternità” (quanto meno nel senso cristiano di amore disinteressato verso il “prossimo”) possa essere esteso al mondo animale  in genere. Lo stesso insegnamento di san Francesco, d’altra parte,  faceva discendere l’atteggiamento fraterno verso ogni essere vivente e perfino verso gli elementi naturali dalla loro dignità di “creature”, la cui realtà rinvia alla sapienza del  Creatore, di cui essi rispecchiano  la grandezza. “Laudare” il  Signore “per” le sue creature, in Francesco significa glorificarLo mediante il mondo naturale. Esso è segno tangibile della Sua perfezione e – nel caso del Sole – ne “porta significatione”,  in quanto “Imago Dei”. Amare la Natura, per un Cristiano, non è dunque frutto di materialismo, ma di una visione positiva del mondo naturale, affratellato all’Uomo dalla comune paternità divina e dalla sacralità della vita.
  3. Va chiarito che il “distacco” dalla Natura tipico di una religiosità tradizionale è frutto di interpretazioni  parziali, che hanno dato spazio ad un malinteso antropocentrismo. Se pure ci fermiamo all’Antico Testamento, l’Adàm biblico è figlio di Adamàh (cioè la Terra) ed è stato posto da Dio come “custode” premuroso,  non come padrone dispotico delle altre creature. Se poi ci spostiamo nell’ottica neo-testamentaria, il  c.d. “primato” dell’Uomo va comunque inteso alla luce del Vangelo, laddove   Gesù chiarisce la sua rivoluzionaria versione della superiorità come  “servizio” (Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi   sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». [5] Evangelicamente parlando, l’indiscutibile superiorità/primazia dell’uomo sugli altri  esseri viventi – almeno in senso evolutivo… – va dunque riletta in chiave di  “servizio”, non certo di sfruttamento utilitaristico. [6]
  4. Il fatto che manchi (nelle Sacre Scritture come nel Magistero della Chiesa) un esplicito “comandamento” di amare la Natura e la Biodiversità – come rilevato da D’Acunto – non è del tutto fondato. A parte la “lode  cosmica” che promana in particolare dal Salmo 148 [7], molti altri libri dell’Antico e del Nuovo Testamento ci offrono una visione in cui il Creato non è affatto posto in secondo piano rispetto all’uomo. In questi testi, infatti, il mondo naturale non si riduce a semplice scenografia / palcoscenico sulla quale l’umanità agisce e recita la propria parte. In un mio terzo saggio intitolato appunto “Il Salmo  del Creato: dalla preghiera di lode alla riflessione sulla relazione Uomo-Creatore” [8] ho cercato di  mettere in luce la relazione triadica tra YHWH, ADAM e ADAMAH, dalla quale emerge molto più d’un semplice “equilibrio ecologico”: la sapienza mirabile della Creazione. Si tratta insomma di una vera e propria “relazione d’amore”, cui avevo già dedicato il mio secondo contributo sulla “agàpe cosmica”, ispirato dall’Inno all’Amore di S. Paolo (I Cor. , 13). [9]   Se le Chiese non hanno saputo (e in  parte non sanno ancora) esprimere con sufficiente energia e convinzione una netta condanna morale verso chi aggredisce, depreda, mette a rischio e  sfrutta senza limiti la Madre Terra, la colpa non è delle Sacre  Scritture né dell’assenza di una dottrina etica sulla responsabilità      ambientale dell’umanità. A prescindere dall’illuminato Magistero di  tanti Pontefici (da Giovanni XXIII a Paolo VI; da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI), ricordo che c’è comunque un ben preciso articolo del Catechismo della Chiesa Cattolica che è dedicato al  “rispetto dell’integrità della Creazione”:  “2415  –  Il settimo comandamento esige il rispetto dell’integrità della creazione. Gli animali, come anche le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune  dell’umanità passata, presente e futura. 290 L’uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell’universo non può essere separato   dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all’uomo non è assoluta; deve  misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione.”  [10]
  5. L’ambiguità semantica del concetto stesso di “sostenibilità” non mi sembra ascrivibile alla morale cattolica, ma piuttosto ad una cultura umanistico-illuminista che si affida ciecamente alla ragione umana ed alla capacità della scienza e della tecnologia di ovviare ai guasti che la  stessa umanità provoca quando si contrappone alla Natura, anziché assecondarla. Si tratta di discutibili premesse sulle quale si sono basate e si basano mistificazioni ideologiche e strumentali deformazioni d’un autentico ambientalismo. Il difetto delle Chiese, semmai, è quello di aver di fatto recepito tali teorie, coniugandole al tradizionale antropocentrismo di chi pone ogni cosa solo in rapporto alle esigenze umane. Lo stesso marxismo, pur esercitando una critica spietata d’un sistema economico basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, non ha sufficientemente contrastato la concezione di  dominio dell’umanità sulla natura né la pretesa che lo sviluppo fosse illimitato. La ‘sostenibilità” d’una società, d’un’economia e dello stesso sviluppo “, sia in chiave illuministico-liberale sia in quella marxista – resta così condizionata da una visione sostanzialmente antropocentrica, cui la prospettiva etico-religiosa potrebbe viceversa offrire una nuova chiave di lettura.  Sebbene il termine “sostenibilità “ tragga origine proprio dall’ecologia (indicando la capacità di un ecosistema di mantenere processi ecologici, preservando biodiversità e produttività nel futuro), esso:    “… è abitualmente utilizzato per analizzare processi economici.  Il concetto di sostenibilità economica è alla base delle riflessioni che studiano la possibilità futura che un processo  economico “duri” nel tempo.” [11]   Però uno sviluppo “durevole” non è necessariamente uno sviluppo eticamente equo ed ecologicamente corretto. Perché ciò si realizzi, occorre una “riconciliazione tra equità ambientale, sociale ed economica” che svincoli il concetto stesso di sostenibilità dalla solita logica utilitarista e centrata solo sull’interesse umano. Una visione religiosa – e quella cristiana in particolare – potrebbe quindi conferire un senso nuovo a questa parola un po’ abusata, restituendole il senso di “rispetto” ed “amore” verso l’incaica “Pacha Mama”, ma soprattutto verso Chi è l’autore delle meraviglie del Creato.

Ecco perché penso che l’esortazione di D’Acunto non debba essere lasciata cadere nel vuoto e che – per citare il teologo J. Moltmann –  ci sia spazio per una comprensione ecologica più profonda della creazione, che veda la realtà naturale permeata da Dio e degna di amore:

 “Le crisi ecologiche distruggono le condizioni vitali del pianeta. Per conservarlo malgrado le forze distruttive, abbiamo bisogno (…) di un invincibile amore per la Terra. C’è forse un riconoscimento maggiore e un amore più forte della fede nella presenza di Dio nella Terra e nelle sue condizioni di vita? Abbiamo bisogno di una teologia della Terra e di una nuova spiritualità della creazione.” [12]              

© Ermete Ferraro (https://ermeteferraro.wordpress.com )           


[1]  Ermete Ferraro (2005), LAUDE DELLA BIODIVERSITA’ – Riflessioni sul messaggio di San Francesco per una ecologia cristiana, Napoli, VAS, (pp.24); Idem (2008), ADAM-ADAMAH: UN’AGAPE COSMICA –
Lettura eco-teologica dell’Inno alla Carità (I Cor 13), (pp. 15) pubblicato sulla rivista online “Filosofia ambientale”; Idem (2009) , IL SALMO DEL CREATO, dalla preghiera di lode alla riflessione sulla relazione Uomo-Creatore, pp.20, pubblicato online sulla rivista “Filosofia ambientale”/.

[2] Antonio D’Acunto,  PAPA FRANCESCO E L’ATTESA PER UNA NUOVA ENCLICLICA: ‘AMARE E SALVARE IL CREATO”, pubblicato il 14 ottobre sul sito nazionale di V.A.S. (www.vasonlus.it )

[3] Papa Francesco,  Udienza Generale del 5 giugno 2013, pubbl. in documenti sul sito www.vatican.va

[4] D’Acunto, op. cit.

[6] In greco, “diàkonos è chi serve attivamente, rendendosi utile, non chi è di condizione servile (schiavo = “doùlos”).

[8] E. Ferraro, IL SALMO DEL CREATO, cit.

[9] Idem, ADAM-ADAMAH: UN’AGAPE COSMICA – Lettura eco-teologica dell’Inno alla Carità (I Cor 13), cit.

[10] CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA,  parte III – art. 7 – n. 2135

[11] Cfr. voci: “Sostenibilità” e soprattutto quella inglese “Sustainability” in: Wikipedia.org

[12] Jűrgen Moltmann, IL FUTURO ECOLOGICO DELLA TEOLOGIA CRISTIANA, in “ADISTA Documenti n. 24 del 2012, ripreso da Il Dialogo

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